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giovedì 28 aprile 2016

Recensione del film "The Danish Girl" di Tom Hooper: benvenuti in Movie Addicted!

 Hello my readers! Qui è Virginia che vi scrive, per annunciarvi graaandi cose, o meglio solo una, ma spettacolare... pronti?
3... 2... 1... Una NUOVA RUBRICA
MOVIE ADDICTED
Yes readers, da oggi "I libri: il mio passato, il mio presente e il mio futuro" parlerà anche agli appassionati di cinema e serie televisive, pechè sappiamo bene cosa significa essere fun e perdere la testa magari per un personaggio, che sia poi fatto di parole o di pellicola non fa distinzione.
Vi presento anche l'ospite che scriverà per noi: la sorella di Ginny! Sono sicura che amerete le sue recensioni, ed ecco la prima!

Salve a tutti. Il film di cui leggerete la recensione oggi è "The Danish Girl" di Tom Hooper (regista, tra gli altri, de "I miserabili" e "Il discorso del Re", per il quale si è aggiudicato l'Oscar nel 2011). Perché? Innanzitutto perché è un film davvero molto bello che ho visto due volte ed amato la seconda volta come la prima, e poi anche perché vi recita il mio attore preferito: Eddie Redmayne (famoso sopratutto per il ruolo di Stephen Hawking nel film "La teoria del tutto" che gli ha permesso di vincere la statuetta d'oro come migliore attore, agli Oscar dell'anno scorso.)
Ho deciso di rivedere questo film in modo da potermi concentrare, la seconda volta, sui particolari che inevitabilmente sfuggono quando si guarda un film che non si è mai visto prima, più che sulla trama generale e la successione degli eventi che già conoscevo. E poi anche perché, durante la notte degli Oscar (Eddie Redmayne, ovvero Einar/Lili nel film, è stato candidato come migliore attore anche quest'anno) ho sentito definire "The Danish girl" come un "film di sopravvivenza alla società", definizione che sin da subito mi ha lasciato un po' spiazzata e che ho immediatamente pensato non fosse del tutto giusta. Ho quindi deciso di guardare una seconda volta il film anche per questo: volevo essere certa di aver colto bene quello che è, a mio parere, il suo reale significato in modo da poter confermare l'idea che mi ero fatta già dopo la prima visione o di potermi, eventualmente, ricredere. Alla fine non mi sono affatto ricreduta. Il film non racconta di nient'altro se non della vita del primo uomo ad aver subito l'operazione per cambiare sesso. Su questo si concentra la storia: semplicemente sulla scoperta (avvenuta all'improvviso e per puro caso, partendo da un innocente gioco) da parte di Einar della sua reale sessualità. Scoperta che si tramuta in un lento e doloroso processo di presa di coscienza della diversità che lo caratterizza all'interno, facendo a pugni con il suo aspetto fisico e che ha fatto nascere dentro e sopratutto fuori di lui una persona diversa, quella persona che era in realtà presente sin dall'inizio ma della quale scopre, indossando collant e scarpe col tacco, per la prima volta l'esistenza; del faticoso processo di accettazione (che vede coinvolta in particolar modo la moglie, Gerda, ma anche molti altri personaggi e sopratutto lo stesso Einar) della propria natura, fino a quel momento mascherata o forse repressa ed ignorata, avendole attribuito poca importanza quando essa cercò di manifestarsi, durante l'infanzia del protagonista.
Il film non si concentra quindi sui pregiudizi della società di quel tempo, ma solo sulla storia di un ragazzo che scopre di non essere tale e che lotta prima di tutto con se stesso per arrivare ad accertarsi e a cambiarsi. Se ci fate caso, infatti, l'intero film è caratterizzato dall'azione di personaggi prevalentemente positivi che (particolare che mi ha effettivamente sorpresa) non giudicano Lili, ma al contrario la supportano e le stanno accanto, assecondandola, mostrandole affetto e totale comprensione, a partire dalla moglie che scopre, dopo anni di matrimonio, di amare un uomo che in realtà è una donna e che è costretta, pertanto, a separarsi da lui, ma che decide di farlo senza alcun rancore per il bene della persona che ama. 
Abbiamo poi la figura di Ben Whishaw, ragazzo gay che si innamora di Einar per ciò che è, nonostante conosca la sua vera personalità e sia quindi destinato a non poterlo mai avere, e quella grandiosa di Hans Axgil, suo amico d'infanzia, che rivela di non aver mai amato nessuno quanto lui e l'altra parte di lui; che ricompare dopo anni nella sua vita deciso ad aiutare, con discrezione e delicatezza, la persona che è diventata, nonostante sia un'altra rispetto a quella che aveva conosciuto. E come non parlare delle infermiere dell'ospedale in Francia che riconoscono l'identità di un uomo mascherata da una parrucca e dal trucco sul suo volto, e che nonostante tutto, a quell'uomo travestito da donna sorridono dolcemente, così come a lui sorride amorevolmente anche la donna incinta con la quale si ritrova a parlare dopo il suo primo intervento, o delle ragazze della profumeria, che lo stimano ed apprezzano e che, pare, abbiano addirittura fatto di lui/lei quasi il leader del gruppo. 
E sarebbe impossibile, a questo proposito, non nominare anche Ulla , colei che chiama per la prima volta Einar con il nome di Lili e sembra essere la prima ad accorgersi di quell'altra persona che vive in lui: fedele amica di Gerda e famosa ballerina, si può dire dia inizio al processo di trasformazione di Einar e al tempo stesso ne determini la "fine", consigliandogli di rivolgersi ad uno specialista perché possa diventare a tutti gli effetti chi realmente è. In un quadro simile mi sembra assolutamente da scartare la tematica della sopravvivenza alla società. Essa avrà sicuramente caratterizzato la vita di Einar, ma pare evidente che il regista abbia voluto che il film prendesse una piega diversa, concentrandosi su quella che è stata la lotta interiore dei singoli personaggi per accettare l'enorme cambiamento che si ritrovano a vivere, piuttosto che su quella che essi hanno dovuto operare contro il mondo, facendo sì un'accenno inevitabile di tale "lotta" (peraltro in un unica scena, ovvero quella in cui due ragazzi francesi picchiano Lili definendola una femminuccia), ma lasciandola sullo sfondo, in una posizione marginale. 
No, la sopravvivenza narrata nel film è piuttosto una sopravvivenza che ogni personaggio attua con se stesso, non con gli altri (ricordiamo la scena in cui Einar dice di aver pensato più volte di uccidersi, ma di non averlo fatto per paura di uccidere ancheLili). Ed è normale che molti dei medici di quel tempo, Einar è vissuto negli anni venti, gli abbiano dato del folle e abbiano pensato che fosse uno psicopatico da dover curare, ma ciò non per cattiveria, bensì per ignoranza. Einar È la prima persona ad essersi sottoposta all'operazione per cambiare sesso e il medico che lo opera dichiara apertamente di essere stato preso per pazzo anche lui, per il grande esperimento che intendeva provare a fare e tutto questo per il semplice fatto che il mondo, in quegli anni, non sapeva ancora cosa fosse la transessualità ed ancora di meno lo sapeva la scienza. Le reazioni dei medici, pertanto, per quanto cattive possano sembrare a noi oggi, allora erano più che comprensibili e più che giustificabili se accanto ad esse, che sono normali reazioni di uomini di scienza che tentano di spiegare sempre tutto attraverso la ragione, poniamo le reazioni di molte altre persone come quelle di cui ho palesato prima. Questo, quindi, non è un film "di sopravvivenza alla società", che al contrario reagisce anche piuttosto (ed inaspettatamente) bene alla novità di un uomo-donna con cui dover fare i conti: "The Danish girl" è invece un film che racconta il dramma di un uomo che improvvisamente scopre di voler essere una donna e matura, lentamente e faticosamente, la decisione di sottoporsi ad un'operazione mai tentata prima, rischiando la vita pur di guadagnare la sua vera identità. Dramma che viene meravigliosamente reso ed enfatizzato dalle lunghe e continue inquadrature dei volti dei protagonisti e da quelle meravigliose dei paesaggi e dei luoghi in cui si svolge la storia, dalle numerose scene mute che lasciano spazio solo ai pianti e ai singhiozzi, dalle poche ma efficaci parole pronunciate e spesso sussurrate e dall'incredibile bravura dei due attori protagonisti (entrambi candidati agli Oscar): dramma che raggiunge il culmine nella scena che mostra Einar per la prima volta completamente nudo davanti ad uno specchio, faccia a faccia con un corpo che non gli appartiene, a dover fare i conti con la persona che non sente di essere e che si tramuta in un film che, nella sua apparente lentezza e staticità, è in realtà un continuo crescere di emozioni contrastanti che continuano a cambiare e diventano sempre più angoscianti fino alla scena finale, probabilmente la più triste e al tempo stesso bella e significativa dell'intero film.

Una bellissima recensione per un battesimo con i fiocchi! Credo che con  "The Danish Girl" nessuno può più mettere in dubbio la bravura di Redmayne, che ha interperato il ruolo in maniera subline. Voi cosa ne pensate readers?
Vi piace questa nuova rubrica? Scriveteci cosa ne pensate!
Virginia

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