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lunedì 20 gennaio 2020

[Review Party] Recensione: Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz di Jeremy Dronfield


Hello readers! Ad una settimana dal Giorno della Memoria, con la recensione della buonanotte di oggi torniamo a parlare di Shoah e Seconda Guerra Mondiale con un titolo targato HarperCollins.

Titolo: Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz

Autore: Jeremy Dronfield

Casa Editrice: Harper Collins

Genere: Narrativa storica

Trama:
Vienna, ottobre 1939.
Gustav Kleinmann, un tappezziere ebreo, e il quindicenne Fritz, suo figlio, vengono arrestati dalla Gestapo, caricati su un vagone merci e deportati a Buchenwald, in Germania. Picchiati, ridotti alla fame, costretti ai lavori forzati per costruire il campo stesso in cui sono tenuti prigionieri, riescono miracolosamente a sopravvivere alla brutalità nazista. Finché, tre anni dopo, Gustav non viene inserito nella lista dei prigionieri che saranno mandati ad Auschwitz.

Per Fritz è uno shock senza precedenti. Da tempo circolano voci inquietanti su quel lager e sulle sue speciali camere a gas dove si possono uccidere centinaia di persone alla volta. Il trasferimento laggiù significa una cosa sola...

Eppure l’idea di separarsi dal padre non lo sfiora neppure. I compagni di prigionia gli dicono di dimenticarsi di lui, se vuole vivere, ma Fritz si rifiuta di ascoltarli e insiste per accompagnarlo, pur sapendo che li aspettano altri anni di orrori e sofferenze, se possibile ancor più terribili. Ma a tenerli in vita, ancora una volta, saranno l’amore e un'incrollabile speranza nel futuro.


Basato sul diario di Gustav – un diario segreto di cui nemmeno suo figlio era a conoscenza – e sulle testimonianze dirette di parenti, amici e altri sopravvissuti, Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz non è soltanto la storia commovente di un legame, quello tra padre e figlio, che si è rivelato più forte della macchina dell’odio che ha cercato di schiacciarli. È anche una straordinaria testimonianza di coraggio e di resilienza, e un ritratto lucido e vivido del meglio e del peggio della natura umana.

Tre giorni fa vi ho presentato un titolo - La bambina e il nazista - in grado di fornire ai lettori un punto di vista diverso sugli individui dietro le divise che in una delle pagine più buie della Storia del Novecento, hanno legiferato e sancito il destino di milioni di persone. Nella storia di Franco Forte e Scilla Bonfiglioli, le parole "speranza" e "coraggio" entrano a far parte del lessico di Hans Heigel, nonostante il suo essere un ufficiale delle SS.

Ne Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz, vi riporto ahimé con i piedi in terra. Da Vienna al più famoso dei lager nazisti, la vicenda dei Kleinmann è l'ennesima conferma d quanto il protagonista de La bambina e il nazista rappresenti una voce fuori dal tetro coro che furono le squadre della morte di Hitler.
Nonostante una prefazione che lo spiega a chiare lettere, anche il lettore meno attento può rendersi conto della differenza tra un romanzo e una storia romanzata, ma realmente accaduta.
Dalla denuncia da parte dei vicini, alla deportazione in Polonia, la storia dei Kleinmann non ha particolari inventati, nulla è frutto di espedienti tecnici per instillare compassione o dolore nel lettore, a parlare sono gli appunti di Gustav Kleinmann, le dichiarazioni del figlio Fritz e poi testimonianze, articoli di giornale, estratti di leggi realmente emanate e in vigore durante la Seconda Guerra Mondiale. Jeremy Dronfield organizza, cataloga e racconta la storia "semplicemente" una storia vera fino all'ultimo punto.
Non so se vi siete mai soffermati a fare un paragone tra una storia animata da fatti realmente accaduti e una storia che ha solo come base -come punto di partenza per l'invenzione narrativa - fonti reali.
Lo sconforto, la paura, lo sgomento che emergono dalle pagine di Jeremy Dronfield sono sentimenti vivi, risvegliati anche da particolari che possono sembrare insignificanti, ma che al contrario instillano realismo al racconto. Penso ad esempio - giuro, non vi svelo nulla di significativo! - al particolare, sottolineato da una nota (una delle tantissimo, il libro ne è zeppo, ma per una ragione ben precisa) della moglie di Gustav che, nonostante abbia capito di trovarsi di fronte al gruppo che ha denunciato già una volta il marito e il figlio, non riesce a far a meno di chiamare il suo vicino con un nomignolo. Quello che potrebbe essere un in più, ad una mente acuta rivela quanto inizialmente gli ebrei, e chiunque non fosse già avvelenato dall'ideologia fascista e nazista, non avesse idea - o meglio, non credesse - di andare in contro ad un destino che segnerà per sempre la Storia.

 Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz costringere i lettori ad osservare dall'interno, dalla prospettiva di una normalissima famiglia ebrea, ma non praticamente, non ricca, ma non costretta alla fame, il precipitare delle cose. Dall'annessione dell'Austria alla Germania, all'invasione della Polonia, alla caduta della immaginifica e irreale facciata dei campi di lavoro, ogni Kleinmann - e in particolare Gustav e Fritz, ovviamente - vive un proprio Olocausto.

La cosa che continua a stupirmi, anche dopo la fine di questa lettura, è pensare COME sia nato questo libro e l'importanza che ha acquistato la scrittura per Gustav Kleinmann. Scrivere per continuare a vivere, ma scrivere rischiando la vita. Con un esempio simile di forza d'animo, il gesto de figlio Fritz e quasi scontato.
Dopo aver letto Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz non sarete più sicuri che da una rosa nasce una spina. I fiori più belli, qualche volta, nascono proprio in assenza di luce.



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