Pagine

martedì 5 novembre 2019

[Review Party] Recensione: Non siamo mai stati qui di Lara Prescott


Quattro giorni e saranno passati trent'anni, 10950 giorni, un altro secolo, dalla notte del 9 novembre 1989. Una picconata e poi un'altra, e non solo, i colpi scalfiscono il muro che ha diviso per più di vent'anni l'Est dall'Ovest. Chi è dal lato occidentale sa solo in parte cosa ci sia oltre, famiglie, case, vecchi posti di lavoro, ma nessuno ha davvero idea della vita oltre il muro.

La Germania Est è solo un pallido esempio della vita sotto il governo sovietico, un esempio che sconvolge. E vivere in Russia allora? La riscoperta di una Germania rimasta indietro di trent'anni, riesce solo a far immaginare meglio cosa volesse dire vivere nel cuore del regime sovietico.

Cosa significava essere scrittori nella Russia della Guerra Fredda?
A trent'anni da mea culpa forse solo sussurrati, vi presentiamo un libro che getta una nuova luce sul regime che ha sconvolto l'Europa orientale dalla metà del Novecento fin quasi alla sua fine:

NON SIAMO MAI STATI QUI
di Lara Prescott


Trama:

Mosca, 1949. È notte fonda quando Olga Ivinskaja viene prelevata dall’angusta cella che divide con altre prigioniere. Quello che gli uomini in nero vogliono sapere – e che Olga rifiuta ostinatamente di confessare – è se davvero il grande Pasternak stia lavorando a un’opera sovversiva in grado di gettare cattiva luce sul regime sovietico. Ma invece di mettere nero su bianco le informazioni che l’interrogatore prova a estorcerle, Irina impugna la penna per raccontare la sua storia. La storia di un amore proibito più tenace persino della prigionia. E di un romanzo, “Il dottor Živago”, più forte di ogni censura. A Washington, intanto, presso la sede centrale della CIA, la giovane Irina viene arruolata come dattilografa e presto promossa al ruolo di spia. In piena Guerra Fredda, tra i suoi obiettivi c’è quello, delicatissimo, di aggirare il bando che vieta la pubblicazione di “Živago” in Unione Sovietica, e risvegliare la sete di libertà della popolazione sfruttando l’arma più micidiale e sottovalutata che esista: il potere delle parole. 
Non siamo mai stati qui” è il racconto a più voci di un’epoca travagliata e di una formidabile avventura umana, sentimentale e letteraria. Un omaggio a un tempo in cui “credevamo che i libri potessero cambiare la storia”.


Se questo pomeriggio vi venisse un'idea, secondo voi, brillante per un nuovo libro e riuscireste a buttar giù qualcosa in nottata, tra una settimana riuscireste già a vederlo pubblicato su varie piattaforme on-line. 
Se vi capitasse di leggere qualcosa che vi disturba, magari su un social network, in meno di due secondi avreste la possibilità di replicare, anche solo con una reaction.
"Mi piace", "Sono d'accordo", "No, secondo me non va bene", "Questo assolutamente non si fa", siamo così abituati a poter esprimere liberamente un parere che non ci rendiamo conto di cosa voglia dire: LIBERTÀ. 
Una parola accessibile quasi a tutti al giorno d'oggi, ma che il Novecento sembrava voler cancellare dal vocabolario della società.
E per chi viveva di parole? 

Alzi la mano chi ha sentito almeno una volta questo titolo:
Il dottor Živago
e resti con questa stessa mano alzata chi conosce il nome della penna che lo ha partorito.
Ora, tenga la mano in alto per altri due secondi, chi sa come Boris Pasternak, in Russia, durante la Guerra Fredda, sia riuscito a pubblicare un romanzo che abbatte la facciata patinata ed eroica del Regime comunista.

Ma forse è meglio partire dalla fine, nel 1957 la casa editrice Feltrinelli, su traduzione di Pietro Zveteremich, pubblica in anteprima mondiale Il dottor Živago. C'è chi apprezza la storia d'amore tra il protagonista e l'amante, chi si strugge alla descrizione della gelida Russa divisa dalla guerra civile e c'è chi riesce ad andare oltre, a scavare tra le righe leggendo di un Regime che non ha una politica uguale per tutti, come invece professa. Fattori e lettori diversi portano il romanzo ad avere un successo mondiale, ma perché Boris Pasternak non lo aveva pubblicato prima di tutto nel suo Paese? E cosa comporterà questo evento per lo scrittore?

Con "Non siamo mai stati qui", Lara Prescott risponde a domande che i lettori del 2000 difficilmente si pongono e lo fa in modo magistrale, mostrando da un lato il Rosso Est e dall'altro l'Europa libera, spingendosi fin oltre Oceano.

Di capitolo in capitolo, ogni personaggio racconta il suo Dottor Živago, o meglio, il legame che ha con questo libro, con lo scrittore e con la società e l'epoca alle quali appartiene, fornendo al lettore tanti pezzi di un puzzle. 

La penna della Prescott è fluida e indagatrice, riesce a conferire alla trama una cornice in grado di catapultare il lettore in due mondi paralleli, la Russia e gli Stati Uniti nel decennio degli Anni Cinquanta.
La Russia dei gulag e dei silenzi, delle parole sussurrate, delle carceri politiche, si staglia contro la nuova America, il nuovo Mondo che finalmente respira libertà e si scrolla di dosso la paura alla fine del secondo conflitto.

Impossibile non animare questo fondale con personaggi dalla forte caratterizzazione. Che siano dalla parte libera del mondo o non, tutti lottano per qualcosa. Il legame forte tra Boris e Olga, la determinazione e la paura di agire sotto il regime sovietico, il rapporto tra Irina, Terry, Sally e Harry, pedine di quella che sarà una delle organizzazioni di spionaggio più famose mondo, Lara Prescott scosta la tenda che divide libro e lettore per mostrarci - sebbene in modo romanzato - cosa ha comportato scrivere uno dei romanzi più famosi della letteratura russa.

"Non siamo mai stati qui" è uno dei pochi titoli che in questo 2019, con le sue 449 pagine intrise di amori tormentati, sofferenze e Storia, è stato in grado di stregarci, di rubarci qualche pomeriggio senza prestare attenzione a nient'altro, di suscitare in noi la curiosità di voler sapere il come e il quando di altri classici della letteratura mondiale.

Impossibile non assegnare a questo titolo:


e consigliare di correre subito a comprarlo, leggero e rileggerlo, per comprendere meglio il capolavoro di Pasternak.



Nessun commento:

Posta un commento