Hello readers!
Sembrano passati secoli dall'ultima volta che "ci siamo letti", mea culpa lo so!
Per farmi perdonare, in queste ultime settimane mi sono immersa nella lettura del primo romanzo di una serie finalmente arrivata in Italia grazie alla Fazi Editore.
L'ex cadetto Paul Scott, arrivato in India nel 1940 con l'esercito britannico, pubblica nel 1966
"IL GIOIELLO DELLA CORONA"
Trama:
Per comprendere quanto ci sia di falso nella propaganda imperialista, bisognerebbe compiere un viaggio di 5.554 miglia, Inghilterra - India, senza tornare indietro almeno per un po'.
Lo fa Paul Scott per primo e solo così può lasciare che lo facciano i propri personaggi, da Miss Crane a Daphne Manners e Hari Kumar, riuscendo a rappresentare in modo vivido - ma senza mai schierarsi - il braccio di ferro tra l'Impero britannico e l'India indipendentista durante gli anni Quaranta del Novecento.
Lo scittore lo sa bene e si serve di lunghe e fitte descrizioni per far comprendere a chi segue la storia dall'esterno che la chiave per comprendere Il gioiello della corona è soltanto una: la pesante cornice fatta di pagine e pagine che quasi soffocano una trama semplice.
proprio questa, le lunghe descrizioni di un paese esotico che sembrano fare da pesante cornice ad una trama semplice e subito svelata.
"Questa è la storia di uno stupro, degli eventi che vi hanno condotto e che l'hanno seguito e del posto in cui è accaduto"
rivela lo scrittore già alla seconda pagina della prima parte. E al lettore tocca solo pazientare, farsi trasportare in un Paese carico quanto un barile di polvere da sparo e capirne la potenza dell'esplosione prima di tutto dal colore del cielo, dagli sguardi dei nativi e dai gesti dei soldati inglesi.
La storia d'amore tra Daphne Manners e Hari Kumar diventa quindi un pretesto per illustrare cause e conseguenze.
Approposito, sapete che esiste anche una mini-serie omonima, The jewel in the crown, girata dalla ITV negli anni Ottanta? |
L'episodio dello stupro serve al lettore per porsi al centro del più grande conflitto che fa da quinta scenica alla trama e capire poi che cosa sia giusto e cosa sbagliato, chi sia buono e chi invece cattivo lo decidono sempre le circostanze.
[Enorme parentesi:
Ovviamente non voglio sminuire lo stupro in sè. Ripeto: OVVIAMENTE. Non leggerete mai un mio "... ma se l'è cercata" o stupidaggini simili. Azioni del genere si condannano sempre, letterarie o meno.]
Penso che con la tetralogia The Raj Quartet, l'intenzione di Paul Scott non fosse quella di catturare il lettore in una storia avvincente al punto tale da non riuscire a scollarsi dal libro. Scott voleva raccontare la SUA India, i SUOI ultimi giorni del Raj britannico e ci riesce trasformando la trama in una piccola esca.
Non vi mentirò dicendo che Il gioiello della corona siano quattrocento leggerissime e scorrevoli pagine che terminere in un weekend al mare. Questo romanzo è pesante e non si lascia leggere facilmente, ma se volete ascoltare una voce autentica parlarvi dell'esperienza coloniale e di ciò che ha comportato, armatevi di pazienza e prendete questo piccolo mattoncino... prima che - dita incrociate - esca il secondo capitolo, The day of the Scorpion.
Non vorrete mica rimanere indietro?!
Giudizio complessivo:
Speravate in un mio ritorno sottoforma di recensione infarcita di cuoricini e tanto amore? NAAAAH!
Ma se in questo periodo avete letto qualcosa che non potrei assolutamente perdere, potete sempre consigliarmelo nei commenti!
Nessun commento:
Posta un commento