giovedì 7 luglio 2016

Movie Addicted: Recensione di "Perfetti sconosciuti"

Salve a tutti. Il film di cui leggerete la recensione oggi è "perfetti sconosciuti", diretto e sceneggiato da Paolo Genovese.



 
 



Ho deciso di recensire proprio questo film perché, a differenza di molti altri che ho visto recentemente, questo, mi è sì molto piaciuto, ma mi ha anche parecchio colpito. Innanzitutto mi ha colpito per la tematica estremamente interessante e poco esplorata dal cinema italiano (anzi, per nulla esplorata, specie dal cinema italiano degli ultimi anni o perlomeno non in un modo così diretto e pungente, direi quasi accusatorio, di denuncia totale), per la cura con cui è stata scritta la sceneggiatura (che non annoia ma anzi mantiene viva l'attenzione degli spettatori dall'inizio alla fine) e per la bravura degli attori (elemento fondamentale ma che ho ormai rinunciato a pretendere dai film italiani).

"Perfetti sconosciuti" mette in scena uno tra i problemi attuali più gravi della società del ventunesimo secolo e lo fa attraverso sette personaggi e in modo più specifico attraverso le loro vite (apparentemente perfette ma in fondo basate su un'enorme menzogna) che "tale problema", dopo aver a lungo supportato, distrugge. Questo film parla della tecnologia, o meglio degli effetti deleteri che spesso e volentieri essa ha e dell'influenza che esercita, attraverso il suo più comune rappresentante, il cellulare, sulle persone anche adulte.
Eva e Rocco decidono di invitare a casa loro, per una cena, i propri migliori amici: Cosimo e Bianca, Lele e Carlotta, e Peppe. Quando i sette si siedono a tavola per la prima parte della cena, tutto sembra trascorrere nel più normale dei modi tra grasse risate, innocenti prese in giro e ricordi dei vecchi e bei momenti trascorsi insieme durante la giovinezza. Ma ad interrompere la quiete di una serena serata e quella altrettanto serena delle vite di tutti i personaggi, arriva ad un certo punto lui: il CELLULARE. Eva, stufa di come questo debba essere una presenza costante durante qualsiasi momento della giornata, volendo forse sfidare il marito e gli amici a rivelare i propri segreti che, era sicura, fossero contenuti nei rispettivi cellulari, propone ai commensali di poggiare i telefoni sul tavolo in modo che tutti potessero leggere i messaggi di tutti e che se qualcuno avesse ricevuto una telefonata durante quelle ore, tutti l'avrebbero potuta ascoltare. Gli amici, inizialmente titubanti, alla fine accettano di giocare forse convinti dall'originale iniziativa o più probabilmente per non destare sospetti e fingere di non avere nulla da nascondere. Da questo momento in poi, poggiati i cellulari sul tavolo, una alla volta le menzogne di tutti i personaggi verrano piano piano smascherate, alcune dal messaggio di un amante, altre dalla telefonata di un gioielliere o da quella di un collega di lavoro. Ed ecco che la storia, da comica, diventa sempre più tragica.
 
 Il film è come diviso in due parti: in quella iniziale, caratterizzata da scherzi e risate e in quella finale, caratterizzata dal crollo di ogni bugia e di conseguenza di ogni rapporto tra i vari personaggi che al termine della serata si ritroveranno ad uscire da casa di Eva e Rocco delusi, disperati, arrabbiati gli uni con gli altri ed ognuno anche con se stesso. Ecco il primo di tanti aspetti che ho apprezzato davvero molto di questo film: il suo essere una commedia e al tempo stesso una tragedia, la presenza di elementi comici e drammatici perfettamente equilibrati tra di loro e che ti fanno ora sorridere ora riflettere e talvolta anche imprecare contro i personaggi che anch'essi, come lo stesso film, hanno una natura duplice, presentandosi positivi e al tempo stesso negativi: positivi all'inizio, negativi alla fine. Personaggi né buoni né cattivi insomma, ma reali, umani. Le due cose che però più di tutte ho apprezzato e che a mio avviso rendono il film particolare e per questo molto interessante, sono lo spazio e il tempo: l'intera vicenda è svolta, per lo più, all'interno di un'unica casa e per la maggior parte all'interno di una sola stanza, attorno ad un tavolo ed il tempo in cui avviene è breve: la storia inizia e si conclude in poco meno di tre ore, la durata minima di una cena. E nonostante tutto questo, il film non annoia, non stufa ed i dialoghi sono così ben articolati da non lasciarti distrarre neanche per un secondo, cosa che non è facile avvenga in un film in cui l'ambiente rimane quasi del tutto invariato.
Per non parlare poi della tematica che, come ho già detto, oltre ad essere originale e davvero ben affrontata, è anche estremamente interessante. Lo scopo del film è quello di far aprire gli occhi ai giovani e non (ho amato a questo proposito, anche la scelta di far agire dei personaggi adulti piuttosto che degli adolescenti, scelta che secondo me sarebbe stata più automatica essendo l'argomento principale proprio la tecnologia che, come sappiamo, conta le sue maggior vittime tra i ragazzi. Ma anche la scelta di utilizzare come protagonisti persone adulte non è casuale, bensì voluta e accuratamente studiata per farci capire come la tecnologia abbia in realtà influenzato tutti, nessuno escluso e come possa essere un pericolo tanto per i più piccoli quanto per i più grandi) riguardo l'uso scorretto del cellulare che è indubbiamente uno strumento utile, ma che può anche diventare uno strumento di distruzione per individui e famiglie intere.
 
Il cellulare in "perfetti sconosciuti" viene originalmente presentato non tanto come siamo soliti definirlo, ovvero come un qualcosa che crea dipendenza, ma come una sorta di cassaforte in cui le persone nascondono i loro segreti più preziosi quasi fossero dei gioielli, certi di come, grazie ad un segretissimo codice di cui solo il legittimo proprietario del telefono è a conoscenza, questi possano rimanere per sempre al riparo da orecchie, anzi da occhi indiscreti (perché oggi, i segreti, non si raccontano sottovoce, all'orecchio del proprio migliore amico ma si scrivono sulle note del proprio cellulare o vengono svelati attraverso contatti, messaggi, chat o numeri telefonici). Questo film, infatti, denuncia solo in parte l'uso scorretto che ognuno di noi decide di fare del proprio cellulare, denunciando invece in modo lampante il cellulare stesso come oggetto nella sua funzione di "scatola nera" delle nostre vite, di cassaforte, appunto: quella cassaforte che per il solo fatto di esistere come tale ci autorizza, in modo inconscio, a nascondere i nostri segreti o a compiere determinate azioni sicuri di come tanto, qualunque cosa facciamo, giusta o sbagliata che sia, possa tranquillamente essere tenuta segreta. Nessuna pietà, quindi, per un tale spregevole oggetto che qui viene dipinto come diavolo che tenta le persone cullandole nell'utopia di una vita in cui tutto è semplice attraverso un solo click, persino mantenere i rapporti con un amante o chiedere consigli al padre senza che la madre lo venga a sapere: una sorta di vita in cui le persone si sentono quasi autorizzate a mentire grazie alla consapevolezza di come farlo sia così facile e farsi scoprire così difficile. Se legalizzare la droga, per molti, spingerebbe le persone a farne più uso, allora secondo il regista, il cellulare spinge le persone a mentire, a crearsi una doppia vita, a tradire, a nascondere anche le bugie più semplici ed innocenti.
 
Ho adorato "perfetti sconosciuti" propio per la visione innovativa e, ahimè, tremendamente veritiera che propone della tecnologia e per il modo in cui un tale tema, così particolare e delicato, sia stato egregiamente reso attraverso attori letteralmente da brividi per il modo di recitare, per i dialoghi mai scontati o banali e l'ambientazione originale che, a mio avviso, si addice in modo impeccabile al tema stesso del film: la tecnologia, l'uso del cellulare o quello del computer, creano sedentarietà, ti permettono di fare qualunque cosa con il solo gesto di un dito e per usare questi due strumenti non c'è alcun bisogno di uscire di casa o anche soltanto di alzarsi dal divano, così come, per parlare di un tale argomento non c'era alcun bisogno di far muovere i personaggi troppo spesso: vederli seduti attorno ad un tavolo è più che sufficiente ed anzi rende ancora meglio l'idea attribuendo persino maggiore realismo alle vicende. Per non parlare poi del finale, assolutamente imprevedibile, che ti fa sorridere e tirare un sospiro di sollievo ma allo stesso tempo anche quasi arrabbiare: che è tragico ma sicuramente, in un certo senso, meno tragico di come ci si aspetta o di come, almeno io, me lo aspettavo dopo tutta la confusione creatasi a partire da circa la metà del film.
 
Per concludere: di "perfetti sconosciuti" mi è piaciuto proprio tutto: la recitazione, la sceneggiatura, il genere tragico e comico allo stesso tempo, l'ambientazione, l'idea, la tematica ma sopratutto l'originalità con cui essa è stata affrontata ed insieme anche l'originalità di un film mai visto prima d'ora: un film paurosamente veritiero ed attuale anche nell'affrontare, oltre al tema della tecnologia, anche quello dell'omosessualità e del rapporto genitore-figlio; un film che non ha paura di sbatterti in faccia la realtà e di farlo nel modo crudele in cui essa si presenta a noi tutti i giorni: un film senza filtri, che va oltre gli stereotipi e raggiunge l'originalità sfiorando quasi la perfezione.
 
 Il mio voto per "perfetti sconosciuti" è un bel 9 pieno. Complimenti a Paolo Genovese e che questo film possa essere di buon auspicio per una tanto attesa rinascita del cinema italiano o almeno d'ispirazione per la creazione di altri prodotti simili piuttosto che dei soliti cinepanottoni o dei soliti film demenziali di cui il cinema italiano è purtroppo pieno.
 
 
 
 
 
E voi avete visto questo film? La pensate allo stesso modo? Fatecelo sapere che siamo curiose ;)
 
 
 
 
 
-Carlotta

Nessun commento :

Posta un commento