giovedì 16 gennaio 2020

[Review Party] Recensione: Storia della nostra scomparsa di Jing-Jing Lee



Hello readers! In un blog tutto al femminile come il nostro, è scontato - o dovrebbe esserlo - che l'argomento "donna" sia al centro delle nostre letture. Con l'evento di oggi, abbiamo sfogliato una pagina nera della Storia della Malesia, che ha visto la donna essere degradata a pura merce di piacere.

In questo REVIEW PARTY vi parlerò di 
STORIA DELLA NOSTRA SCOMPARSA
libro d'esordio della scrittrice malesiana Jing-Jing Lee, approdata oggi nelle librerie italiane.


Titolo: Storia della nostra scomparsa

Autore: Jing-Jing Lee

Casa Editrice: Fazi editore

Genere: Narrativa, Storico

Data d'uscita: 16 gennaio 2020

Prezzo: cartaceo €17

Trama:
Wang Di ha soltanto sedici anni quando viene portata via con la forza dal suo villaggio e dalla sua famiglia. È poco più che una bambina. Siamo nel 1942 e le truppe giapponesi hanno invaso Singapore: l’unica soluzione per tenere al sicuro le giovani donne è farle sposare il più presto possibile o farle travestire da uomini. Ma non sempre basta. Wang Di viene strappata all’abbraccio del padre e condotta insieme ad altre coetanee in una comfort house, dove viene ridotta a schiava sessuale dei militari giapponesi. Ha inizio così la sua lenta e radicale scomparsa: la disumanizzazione provocata dalle crudeltà subite da parte dei soldati, l’identificazione con il suo nuovo nome giapponese, il senso di vergogna che non l’abbandonerà mai. Quanto è alto il costo della sopravvivenza?
Sessant’anni più tardi, nella Singapore di oggi, la vita dell’ormai anziana Wang Di s’incrocia con quella di Kevin, un timido tredicenne determinato a scoprire la verità sulla sua famiglia dopo la sconvolgente confessione della nonna sul letto di morte. È lui l’unico testimone di quell’estremo, disperato grido d’aiuto, e forse Wang Di lo può aiutare a far luce sulle sue origini. L’incontro fra la donna e il ragazzino è l’incontro fra due solitudini, due segreti inconfessabili, due lunghissimi silenzi che insieme riescono finalmente a trovare una voce.

Con una scrittura poetica e potente, in questo romanzo d’esordio Jing-Jing Lee attinge alla sua storia familiare raccontando la memoria dolorosa e a lungo taciuta di una generazione di donne delle quali è stata per decenni negata l’esistenza: una pagina di storia che troppo a lungo è stata confinata all’oblio.

La Fazi Editore ha fornito ad un piccolo gruppetto di blogger l'occasione di leggere questo titolo in anteprima, occasione che, sin dalle prime pagine, si è trasformata in opportunità. Non è un mistero che io prediligga autori - contemporanei e non - più vicini all'Italia per posizione geografica, ma per la seconda volta, grazie ad un review party, mi sono trovata tra le mani un titolo tradotto da caratteri che non riuscirei a comprendere neanche con tutta la buona volontà che devo avere da linguista e traduttrice quale sono.
Dopo Fuga di morte di Sheng Keyi, nella mia libreria digitale è arrivata Jing-Jing Lee con una storia dal compito preciso: fare luce sulla vita di un gruppo di donne durante la Seconda Guerra Mondiale.
Vi siete ai chiesti cosa voglia dire essere nata donna nella Malesia degli anni Quaranta?

La protagonista di Jing-Jing Lee nasce con un nome emblematico: in attesa di un fratellino. Un nome che può solo vaticinare un futuro difficile, nel quale le donne sono un peso da sostenere e non una risorsa. Come si ci sbarazza dell'inconveniente di avere una figlia femmina? Un matrimonio - conveniente, se possibile. Ma la bellezza di Wang Di non attrae un buon partito, imprese nella quale fallisce addirittura la mezzana alla quale si affida la famiglia della ragazza. Il 1942 porta a Singapore l'esercito giapponese e a nulla vale nascondersi o tagliare i capelli per imbruttirsi: Wang Di diventa una donna di conforto.
Dietro all'appellativo di "comfort house" si nascondono delle vere e proprie prigioni/bordello, in cui le donne devono obbedire e soddisfare le richieste dei soldati giapponesi, remissive, silenziose e invisibili.

A distanza di sessant'anni, l'anziana Wang Di non riesce a dimenticare, tormentata da una guerra combattuta tra quattro mura, senz'armi, e non sui campi di battaglia. La guerra della donna continua ad imperversarle dentro, trascinandola in dolori ricordi che tenta di non risvegliare e che non ha mai rivelato al marito, il Vecchio - più anziano di lei di dodici anni -, neanche in punto di morte.
È l'arrio inaspettato di un ragazzino e di un carico di lettere che cercano risposta a metterla definitivamente di fronte al suo passato. La giovane Wang Di si alterna alla Wang Di del presente, e la protagonista è costretta a rivivere a voce alta un periodo fatto di abusi e a ricordare amicizie nate nella disperazione più totale, per arrivare a considerare con una maturità diversa ciò che è stata costretta a fare e a tacere per anni.

Storia della nostra scomparsa ha in sé una delicatezza, certamente dovuta alla penna della scrittrice, ma al contempo una potenza narrativa in grado di portare alla luce una Storia dimenticata e taciuta che finalmente, grazie ad una donna, può uscire allo scoperto.

Le donne come merce, le donne prive di valore se non la bellezza fisica, le donne che non sono uomini, vengono rivendicate da Jing-Jing Lee in un romanzo che deve essere letto, una lettura come imperativo categorico per soppesare e paragonare passato e presente. Una lettura da aggiungere alla lista di quelle indispensabili per parlare di donne e aprire dibattiti sulla questione di genere.


Il messaggio che vi lancio è chiaro e deciso: bisogna cambiare. Urge cambiare. E deve partire da noi, da tutti quelli che fanno "lo sforzo" di aprire un libro per aprire la mente.













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