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lunedì 6 luglio 2020

Review Party: Un tempo ingiusto di Gertrud Tinning


Hello readers! La recensione di questa mattina parla di donne, di lotte e di future conquiste, temi forti, ma assolutamente da portare avanti in questo periodo. Sempre. Anche se a parlarne è un romanzo e non un articolo di politica o di attualità.
Con Gertrud Tinning andremo nella Copenaghen alle porte del Novecento e quindi alla radice di un movimento che, in seguito, scuoterà l'intera Europa, osservandone la nascita - per una volta- da un punto di vista diverso da quello più conosciuto della suffragette inglesi.

Titolo: Un tempo ingiusto

Autrice: Gertrud Tinning

Casa editrice: Mondadori

Genere: Narrattiva storica

N° pagine: 384

Data di pubblicazione: 30 giugno 2020

Trama:

Copenaghen, 1885. Nelly Hansen e sua cognata Marie lavorano duramente tra le grandi macchine della Manifattura tessile Ruben a Frederiksberg. Quando un giorno Marie rimane vittima di un tremendo incidente, Nelly cerca inutilmente aiuto per portarla in ospedale, ottenendo solo resistenza e indifferenza da parte dei responsabili. Si rende conto sempre di più che la condizione di vita in fabbrica è disumana e vuole portare alla luce questa tremenda situazione. Una decisione coraggiosa che mette purtroppo in pericolo la sua vita e quella del suo vicino di casa Johannes, il giovane figlio di un fattore dello Jutland, da cui è molto attratta. Nel frattempo nella fattoria di Uldum Anna, la sorella di Johannes, deve fare una scelta che segnerà per sempre il corso della sua vita. La famiglia vuole che sposi Peder, ricco proprietario di una fattoria vicina, ma la ragazza ha altri piani. Quando viene a sapere che Johannes ha bisogno di aiuto, parte senza indugio per Copenaghen. Resta sconvolta e inorridita dalle ingiuste condizioni di vita degli operai nella grande città, e decide di iniziare una lotta per cambiare le cose. Lotta che costituirà una pietra miliare nella storia della Danimarca
Ambientato alla fine dell'Ottocento, nel periodo che ha preceduto il primo sciopero femminile al mondo e l'ascesa dei sindacati, "Un tempo ingiusto" è un romanzo che, attraverso la storia di due giovani donne coraggiose che combattono per la giustizia, l'uguaglianza e la libertà, racconta un'epoca in cui in pochissimi godevano dei diritti civili che conosciamo oggi.


Quando un romanzo è in grado di parlare al lettore così bene come "Un tempo ingiusto", è sempre difficile tirarne le somme senza scadere nel banale. Questa lettura potrebbe essere il vostro un soft approach alla storia del femminismo e alle storie di femminismo e potrebbe poi condurvi alla scoperta di piccolo case editrice come la Asterisco Edizioni.

Gertrud Tinning ci permette una totale immersione in una delle città più grandi della Scandinavia, nonché vero e proprio collegamento e filtro tra i paesi nordici e l'Europa: Copenaghen. Dimenticate però le belle case colorate viste dal porto o la statua della Sirenetta. La città descritta dalla Tinning è quella dei sobborgi, popolati dalle classi meno abbienti, in cui è in atto una continua lotta contro freddo, fame e povertà.
Le condizioni della classe operaia, alla fine dell'Ottocento, sono simili in tutta Europa. Le fabbriche logorano uomini e donne senza distinzione. Non c'è lavoro peggiore se non, forse, quello nelle miniere. Chi pensa che la vita nei campi sia più massacrante, è costretto a ricredersi: a pressare le donne in campagna è un patriarcato che le vuole assoggetate al volere dell'uomo, come una proprietà da gestire, ma è nelle fabbriche che la figura della donna viene anientata.

A raccontare cosa significhi essere una donna ed essere un'operaia tocca a Nelli Hansen. A farle prendere coscienza dell'invisibilità sotto la quale sono state relegate le donne lavoratrici, è un episodio che la vede coinvolta in prima persona. L'incidente sul lavoro di Maria è la miccia che farà ardere un vero e proprio incendio. Trovatasi di fronte a un muro reso dopppiamente spesso dal legame capitalismo - maschilismo, Nelli decide di non restare in silenzio. La donna è solo agli inizi, ma combattere il sistema che impone alle donne di sfiancarsi in fabbrica e poi affaccendarsi in casa per accudire figli e marito, si rivela subito uno scontro impari e pericoloso. Come tante nella realtà, Nelli Hansen non si tira indietro però, dimostrando come i cambiamenti possano partire anche dal basso.

Il background della seconda protagonista di "Un tempo ingiusto" è totalmente diverso da quello delle città industriali di fine Ottocento. Anna viene dallo Jutland, il suo tempo e la sua vita sono scanditi tanto dalle stagioni quanto dalle decisioni del padre. 
In campagna la donna esiste, ma come merce di scambio e non solo come forza lavoro. In realtà, fino all'ascesa della borghesia, nei campi il divario tra uomo e donna era meno evidente finché quest'ultima non serviva a stringere legami e siglare patti. Il destino di Anna è, infatti, quello di un matrimonio combinato per elevare la posizione della famiglia, ma spinta più dalla forza interiore che dal vento del cambiamento, la ragazza si ribella. 
A Copenaghen Anna scopre una realtà ben peggiore della vita nei campi. La povertà è una piaga che fa desiderare solo la morte. Essere donna significa quasi essere invisibile. E tutto ciò comporta una vita più sacrificante di mani sporche perennemente di terra e sveglie prima del sorgere del sole.

Le due protagniste hanno una storia diversa alle spalle, ma lciò che le accomuna è prima di tutto l'essere donna ed è per questo che decidono di lottare insieme. Perché insieme, opporsi al sistema fa meno paura.

Gertrud Tinning, con una prosa scorrevole e descrizioni vivide, parla al lettore di un tema che sta finalmente tornando alla ribalta: il diritto di essere donna.
Lo fa senza alcuna pedanteria, descrivendo senza censure, ma con una sorta di "morbidezza" insita solo nello stile del romanzo, il periodo tumultuoso delle prime lotte femministe.
La Copenaghen di Nelli e Anna è molto più vicina alla Londra, o alla Torino, di inizi Novecento di quanto nessun lettore ci abbia mai fatto caso. 
"Un tempo ingiusto" è il classico titolo che consiglierei prima di tutto alle lettrici che ancora non credono nell'attuale disparità tra uomo e donna, a quelle convinte che siano le donne stesse ad immaginare questo dislivello.

Ad una storia così forte e magistralmente narrata, non posso che assegnare


sperando che questa lettura sia un punto di partenza per chiunque non abbia mai pensato a quanto sia importante questo tema!





martedì 25 febbraio 2020

[Review Party] Recensione: La vita a un passo da noi di Christian Berkel


Hello readers! Con questo evento, organizzato dal blog "The Reading's Love" in collaborazione con la casa editrice Mondadori, faremo un salto in un passato impossibile da dimenticare.

Titolo: LA VITA A UN PASSO DA NOI

Autore: Christian Berkel

Casa Editrice: Mondadori

Genere: Narrativa

Data di pubblicazione: 25 febbraio 2020

N° pagine: 360

Trama:
Mentre la demenza senile di sua madre sta progredendo, Christian Berkel cerca di salvare ciò che resta della memoria della sua famiglia. Consulta gli archivi, legge la vecchia corrispondenza e viaggia alla ricerca delle sue origini. I pezzi mancanti li deve inventare. Il risultato è una saga familiare davvero epica.



L'attore tedesco Christian Berkel, al suo esordio da scrittore, ha indagato sul passato della propria famiglia dando vita ad un romanzo impossibile da etichettare come semplice narrativa.

Con le leggi razziali del 1935, la Germania lancia un chiaro e definitivo messaggio: gli ebrei sono un problema da risolvere. Le leggi di Norimberga, nel bene e nel male, hanno un'eco sulla vita di ogni tedesco e La vita a un passo da noi, lo conefessa al lettore senza alcuna censura.
Tra archivi, corrispondenze, viaggi in una memoria che minaccia di sbiadire e pezzi di storia che possono solo essere inventati, Berkel ricostruisce la vita della giovane Sala, costretta ad una fuga continua e perseguitata dal dolore, grazie ad un unico crimine non commesso: avere una madre ebrea che l'ha abbandonata in tenere età.

Essere privata dell'amore materno è per la ragazza una sorta di previsione. Con le leggi di Norimberga Sala è costretta a nascondere la storia d'amore con Otto - ariano "puro" - e prima che siano i tedeschi a privarla della dignità, decide di abbandonare la sua vita in Germania per raggiungere in Spagna quella madre che non l'ha mai voluta.
La Spagna degli anni Quaranta, un paese non meno schiavo della distante Germania, soggiogato dal potere assoluto del generale Franco.
Privata ancora una volta della propria libertà, Sala decide di rimettersi in viaggio, scegliendo Parigi come meta e, se di Storia ne sapete almeno un po', potrete ben capire in cosa sta per incappare la ragazza.

In La vita a un passo da noi colpisce innanzitutto la forza di questo personaggio principale, immancabilmente donna, del "fare i bagagli e partire" sperando in un futuro migliore che sembra non arrivare mai. Sala è ebrea, Sala è straniera, Sala è tedesca, Sala non è mai libera, ma rincorre questa libertà (senza dimenticare l'amore) prima lentamente - come il ritrmo stesso della narrazione - e poi sempre più veloce, proprio come il treno sul quale sale per andare in contro al finale.

Christian Berkel, dopo aver stupito platee di spettatori - non dimentichiamo che fu il grande Bergman a scoprirlo -, consegna ora ad un pubblico differente, maggiormente attento (se mi consentite la precisazione), una saga familiare che va sì ad aggiungersi a tante altre il cui fulcro e punto di partenza è la Germania della Seconda Guerra Mondiale, ma non vi si somma invano.
La storia di Berkel commuove e insegna ai lettori un passato comune a molti, ma raccontato sempre in modo differente, un passato al quale molti ancora possono e devono aggiungere particolari per far sì che non sbiadisca, proprio come la memoria di sua madre.











lunedì 10 febbraio 2020

[Review Party] Recensione: La strada di Ann Petry


Hello readers! Il titolo di questa mattina è stato pubblicato da Mondadori lo scorso 28 gennaio, ma la

LA STRADA
di Ann Petry

in realtà, nonostante i suoi temi attuali, è una storia che ha quasi ottanta anni!

Titolo: La strada

Autore: Ann Petry

Casa Editrice: Mondadori

Genere: Narrativa storica

Data di uscita: 28 gennaio 2020

N° pagine: 378

Prezzo: cartaceo €20 - ebook €10,99

Trama:
Siamo negli anni della Seconda guerra mondiale e Lutie Johnson è una giovane donna nera che vive a Harlem con Bub, il figlio di otto anni. Quella di Lutie non è certo una vita facile: si è lasciata alle spalle un marito infedele e irresponsabile e deve tirare avanti da sola. Ma è sorretta da un'idea: crede nel sogno americano ed è convinta di poter aspirare a un'esistenza migliore grazie a una vita di duro lavoro. La strada è la storia di una lotta: la lotta di Lutie alla ricerca di una casa per il figlio, per farlo crescere lontano dalla paura e dalla violenza, per tenerlo lontano dalla strada, insomma.

Le vicende di Lutie e Bub si intrecciano con quelle di diversi personaggi, che vivono nella stessa casa o nella stessa via, tutti alle prese con la stessa disperata lotta per la sopravvivenza. E le loro vite disegnano il ritratto doloroso di una realtà così lontana nel tempo eppure ancora così vicina.

A più di settant'anni dalla pubblicazione di questo romanzo, Lutie Johnson resta una figura potentissima - nera e sola è alle prese con un mondo ostile alle donne e pervaso di razzismo -, e la sua vicenda cruda e vibrante ci racconta la storia amara dell'altra faccia del sogno americano, mostrandoci una New York troppo spesso dimenticata.

Quando venne pubblicato nel 1946, La strada fu il primo romanzo di un'autrice afroamericana a vendere più di un milione di copie, ed è tuttora considerato un grande classico della letteratura americana, nel quale la potenza della testimonianza e la forza della letteratura si sommano regalandoci pagine indimenticabili.


Dei titoli come "La strada" di Ann Petry stupisce, prima ancora della potenza narrativa, lo scoprirne i numeri: 1946, l'anno di pubblicazione; più di un milione di copie vendute, nonostante la sua autrice fosse afroamericana. E stupisce anche, una volta inoltratisi nella lettura, constatare quanto un libro scritto settantaquattro anni fa, possa avere personaggi e ambientazioni che, non contestualizzati negli anni Quaranta, potrebbero benissimo appartenere a questo decennio.

Lutie Johnson è l'eroina de La strada e, al contempo, un perfetto emblema della donna moderna: priva del sostegno di un uomo, è costretta a ergersi sostegno del micro nucleo famigliare costituito da se stessa e dal figlio Bub che potregge ad ogni costo.
Per una donna nelle condizioni di Lutie, la Harlem degli anni Quaranta non ha nulla di dissimile dalla Harlem del 2000, un posto ghettizzante, quasi ostile al quale, per mettere distanza dalle violenze del marito, inevitabilmente si lega, scoprendo sulla propria pelle che vittime della società come lei si possono trasformarsi in carnefici, accomunati dalla miseria, ma non dal colore della pelle.

Lutie ha Bub, ha la responsabilità di un figlio da crescere, un compito che assolve lavorando senza soosta nonostante giudicata, disprezzata e sfruttata, sia perché donna, che donna afroamericana. Una realtà più tatra e cruda di quella prospettata dall'American Dream, secondo cui TUTTI possono diventare ciò che vogliono, ma con quanto duro lavoro e con quanti sacrifici, lo decidono due fattori: sesso e colore della pelle.

Ann Petry crea un'eroina che, a distanza di ottanta anni, può continuare ad essere definita contemporanea, fattore questo che dovrebbe far riflettere su quanto la condizione delle donne abbia sicuramente fatto un passo avanti, ma ha davanti a sé ancora tanta strada da fare, prima di tutto nella mente della società attuale.

La strada di Ann Petry è quindi una storia di denuncia, attuale, raccontata con un linguaggio scorrevole, fluido, chiaro, in grado di mettere il lettore di fronte a riflessioni profonde che devono essere fatte, sulla condizione della donna e su tutto ciò che la determina, guardando indietro per costruire un fururo migliore.









sabato 1 febbraio 2020

[Review Tour] Recensione: Eugenia di Lionel Duroy


Hello readers! Con la recensione di oggi concludiamo uno splendido evento organizzato dal blog The Reading's Love in collaborazione con la casa editrice Fazi Editore che ci ha gentilmente fornito la copia in anteprima di

EUGENIA

il romanzo che ha permesso allo scrittore Lionel Duroy di vincere, nel 2019, il premio Anaïs Nin.

Prendete carta e penna perché sto per suggerirvi un titolo del quale la vostra libreria non può essere priva!

Titolo: Eugenia

Autore: Lionel Duroy

Casa editrice: Fazi Editore

Genere: Narrativa storica

Data di pubblicazione: 23 gennaio 2020

N° pagine: 463

Prezzo: cartaceo €19,00 - ebook €9,99

Trama:
Eugenia è cresciuta a Iaşi, centro culturale cosmopolita e raffinato, dove però, così come nel resto della Romania degli anni Trenta, gli ebrei iniziano a essere malvisti. Lo stesso accade nella famiglia di questa giovane studentessa di Lettere: sia i genitori che il fratello maggiore di Eugenia si lasciano contagiare dai pregiudizi razziali. Quando lo scrittore ebreo Mihail Sebastian, invitato per una conferenza all’università, viene violentemente aggredito da alcuni militanti di estrema destra, soltanto la ragazza si schiera in sua difesa; colpita da un’improvvisa presa di coscienza, che le apre gli occhi di fronte al pericoloso espandersi dell’odio razziale, si trasferisce a Bucarest, dove ritrova Mihail e finisce per innamorarsene. Mentre il malinconico scrittore, impegnato a confrontarsi con il suo ruolo di intellettuale nel contesto dell’antisemitismo crescente, è esposto a rischi sempre maggiori, Eugenia è determinata a opporsi alla barbarie e a difendere i suoi ideali di libertà: cercando di sopravvivere in un paese sconvolto dalla guerra arriverà a comprendere che l’unico modo per combattere il male è ricercarne l’origine.
Sullo sfondo di una nazione contraddittoria e affascinante, questo romanzo vede intrecciarsi magistralmente la grande storia del secondo conflitto mondiale e le vicende intime dei suoi personaggi. Traendo ispirazione dalle voci degli intellettuali che animarono la scena culturale dell’epoca, in particolare quella del brillante scrittore romeno Mihail Sebastian, Lionel Duroy firma un libro appassionante e profondo: accuratissimo nella ricostruzione storica, al tempo stesso Eugenia invita il lettore a porsi gli stessi interrogativi che qui animano la riflessione sull’origine del male portata avanti dalla protagonista, riflessione oggi più che mai necessaria.


Con questa prima recensione di febbraio, iniziamo il secondo mese del 2020 come una sorta di chiusura su quelli che sono stati gli ultimi giorni di gennaio, ricchi di titoli con un unico denominatore: l'odio razziale.
A costo di sembrare ripetitiva, sono pronta a ribadire che chiunque legga, in un periodo del genere, deve assumersi l'importante responsabilità di illuminare le menti altrui con la luce della cultura. Quale miglior modo allora, se non quello di farlo immergendosi totalmente nel periodo della Storia che maggiormente rispecchia quello attuale?

Siamo stati nella Germania che ha visto la nascita dell'ideologia nazista, nella Polonia dei ghetti e dei deportati e oggi, con Lionel Duroy, andiamo nella Romania antisemita degli anni Trenta.
Se vi chiedessi quanti di voi conoscono la storia di questo paese prima e durante la Seconda Guerra Mondiale, sono sicura che nessuno - o quasi - alzerebbe la mano. Tranquilli, se non esistessero case editrici come la Fazi, resteremmo tutti nella più totale ignoranza... ma thanks God, l'editoria italiana  è costellata da piccole e grandi realtà che lottano ogni giorno, attraverso le pubblicazioni, per ricucire divari temporali, storici e culturali.



La Romania di Lionel Duroy non è diversa dagli altri paesi travolti dalla folle ideologia prima fascista e poi nazista, nel decennio che precede la Seconda Guerra Mondiale. A prendere coscienza delle imminenti conseguenze di un pensiero in cui l'alterità regna sovrana, sono ben pochi, ed Eugenia è tra questi. La ragazza non ha paura di schierarsi dalla parte degli altri, di affermare le proprie idee e di andare addirittura contro la propria famiglia... e vi stupirà sapere che è un personaggio del tutto inventato! 
Sicuramente Eugenia è lo specchio delle tante donne che nel ventennio '30-'40 hanno preso parte ai vari movimenti di resistenza sorti in ogni paese coinvolto nella Seconda Guerra Mondiale, ma Lionel Duroy caratterizza il personaggio principale del romanzo ad un punto tale da spingere il lettore a compiere ricerce, ammaliato dal temperamento forte e deciso di Eugenia.

Il personaggio di Eugenia è esatto contrappunto del coprotagonista maschile del romanzo: lo scrittore Mihail Sebastian (di cui proprio Fazi Editore, nel 2018, ha pubblicato il famoso romanzo Da duemila anni) sembra al contrario arreso all'idea di vedersi rinnegato dal Paese e dalla città, Bucarest, che gli ha dato i natali perché ebreo. Mentre Eugenia è pronta a lottare, Mihail si rifugia in un mondo privato, da cui nessuno può strapparlo o chiuderlo fuori, quello della scrittura. 

Difficle e struggente, la relazione che nasce tra i due protagonisti sullo sfondo di una Bucarest divisa tra antisemiti e indifferenti, testimonia quanto possa essere forte il sentimento dell'amore, riuscendo a previcare su tutto.

Lionel Duroy lancia ai propri lettori l'ennesimo messaggio da non sottovalutare in tempi come questo: lottare per la libertà altrui significa lottare anche per la propria libertà!














lunedì 20 gennaio 2020

[Review Party] Recensione: Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz di Jeremy Dronfield


Hello readers! Ad una settimana dal Giorno della Memoria, con la recensione della buonanotte di oggi torniamo a parlare di Shoah e Seconda Guerra Mondiale con un titolo targato HarperCollins.

Titolo: Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz

Autore: Jeremy Dronfield

Casa Editrice: Harper Collins

Genere: Narrativa storica

Trama:
Vienna, ottobre 1939.
Gustav Kleinmann, un tappezziere ebreo, e il quindicenne Fritz, suo figlio, vengono arrestati dalla Gestapo, caricati su un vagone merci e deportati a Buchenwald, in Germania. Picchiati, ridotti alla fame, costretti ai lavori forzati per costruire il campo stesso in cui sono tenuti prigionieri, riescono miracolosamente a sopravvivere alla brutalità nazista. Finché, tre anni dopo, Gustav non viene inserito nella lista dei prigionieri che saranno mandati ad Auschwitz.

Per Fritz è uno shock senza precedenti. Da tempo circolano voci inquietanti su quel lager e sulle sue speciali camere a gas dove si possono uccidere centinaia di persone alla volta. Il trasferimento laggiù significa una cosa sola...

Eppure l’idea di separarsi dal padre non lo sfiora neppure. I compagni di prigionia gli dicono di dimenticarsi di lui, se vuole vivere, ma Fritz si rifiuta di ascoltarli e insiste per accompagnarlo, pur sapendo che li aspettano altri anni di orrori e sofferenze, se possibile ancor più terribili. Ma a tenerli in vita, ancora una volta, saranno l’amore e un'incrollabile speranza nel futuro.


Basato sul diario di Gustav – un diario segreto di cui nemmeno suo figlio era a conoscenza – e sulle testimonianze dirette di parenti, amici e altri sopravvissuti, Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz non è soltanto la storia commovente di un legame, quello tra padre e figlio, che si è rivelato più forte della macchina dell’odio che ha cercato di schiacciarli. È anche una straordinaria testimonianza di coraggio e di resilienza, e un ritratto lucido e vivido del meglio e del peggio della natura umana.

Tre giorni fa vi ho presentato un titolo - La bambina e il nazista - in grado di fornire ai lettori un punto di vista diverso sugli individui dietro le divise che in una delle pagine più buie della Storia del Novecento, hanno legiferato e sancito il destino di milioni di persone. Nella storia di Franco Forte e Scilla Bonfiglioli, le parole "speranza" e "coraggio" entrano a far parte del lessico di Hans Heigel, nonostante il suo essere un ufficiale delle SS.

Ne Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz, vi riporto ahimé con i piedi in terra. Da Vienna al più famoso dei lager nazisti, la vicenda dei Kleinmann è l'ennesima conferma d quanto il protagonista de La bambina e il nazista rappresenti una voce fuori dal tetro coro che furono le squadre della morte di Hitler.
Nonostante una prefazione che lo spiega a chiare lettere, anche il lettore meno attento può rendersi conto della differenza tra un romanzo e una storia romanzata, ma realmente accaduta.
Dalla denuncia da parte dei vicini, alla deportazione in Polonia, la storia dei Kleinmann non ha particolari inventati, nulla è frutto di espedienti tecnici per instillare compassione o dolore nel lettore, a parlare sono gli appunti di Gustav Kleinmann, le dichiarazioni del figlio Fritz e poi testimonianze, articoli di giornale, estratti di leggi realmente emanate e in vigore durante la Seconda Guerra Mondiale. Jeremy Dronfield organizza, cataloga e racconta la storia "semplicemente" una storia vera fino all'ultimo punto.
Non so se vi siete mai soffermati a fare un paragone tra una storia animata da fatti realmente accaduti e una storia che ha solo come base -come punto di partenza per l'invenzione narrativa - fonti reali.
Lo sconforto, la paura, lo sgomento che emergono dalle pagine di Jeremy Dronfield sono sentimenti vivi, risvegliati anche da particolari che possono sembrare insignificanti, ma che al contrario instillano realismo al racconto. Penso ad esempio - giuro, non vi svelo nulla di significativo! - al particolare, sottolineato da una nota (una delle tantissimo, il libro ne è zeppo, ma per una ragione ben precisa) della moglie di Gustav che, nonostante abbia capito di trovarsi di fronte al gruppo che ha denunciato già una volta il marito e il figlio, non riesce a far a meno di chiamare il suo vicino con un nomignolo. Quello che potrebbe essere un in più, ad una mente acuta rivela quanto inizialmente gli ebrei, e chiunque non fosse già avvelenato dall'ideologia fascista e nazista, non avesse idea - o meglio, non credesse - di andare in contro ad un destino che segnerà per sempre la Storia.

 Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz costringere i lettori ad osservare dall'interno, dalla prospettiva di una normalissima famiglia ebrea, ma non praticamente, non ricca, ma non costretta alla fame, il precipitare delle cose. Dall'annessione dell'Austria alla Germania, all'invasione della Polonia, alla caduta della immaginifica e irreale facciata dei campi di lavoro, ogni Kleinmann - e in particolare Gustav e Fritz, ovviamente - vive un proprio Olocausto.

La cosa che continua a stupirmi, anche dopo la fine di questa lettura, è pensare COME sia nato questo libro e l'importanza che ha acquistato la scrittura per Gustav Kleinmann. Scrivere per continuare a vivere, ma scrivere rischiando la vita. Con un esempio simile di forza d'animo, il gesto de figlio Fritz e quasi scontato.
Dopo aver letto Il ragazzo che decise di seguire suo padre ad Auschwitz non sarete più sicuri che da una rosa nasce una spina. I fiori più belli, qualche volta, nascono proprio in assenza di luce.



giovedì 16 gennaio 2020

[Review Party] Recensione: Storia della nostra scomparsa di Jing-Jing Lee



Hello readers! In un blog tutto al femminile come il nostro, è scontato - o dovrebbe esserlo - che l'argomento "donna" sia al centro delle nostre letture. Con l'evento di oggi, abbiamo sfogliato una pagina nera della Storia della Malesia, che ha visto la donna essere degradata a pura merce di piacere.

In questo REVIEW PARTY vi parlerò di 
STORIA DELLA NOSTRA SCOMPARSA
libro d'esordio della scrittrice malesiana Jing-Jing Lee, approdata oggi nelle librerie italiane.


Titolo: Storia della nostra scomparsa

Autore: Jing-Jing Lee

Casa Editrice: Fazi editore

Genere: Narrativa, Storico

Data d'uscita: 16 gennaio 2020

Prezzo: cartaceo €17

Trama:
Wang Di ha soltanto sedici anni quando viene portata via con la forza dal suo villaggio e dalla sua famiglia. È poco più che una bambina. Siamo nel 1942 e le truppe giapponesi hanno invaso Singapore: l’unica soluzione per tenere al sicuro le giovani donne è farle sposare il più presto possibile o farle travestire da uomini. Ma non sempre basta. Wang Di viene strappata all’abbraccio del padre e condotta insieme ad altre coetanee in una comfort house, dove viene ridotta a schiava sessuale dei militari giapponesi. Ha inizio così la sua lenta e radicale scomparsa: la disumanizzazione provocata dalle crudeltà subite da parte dei soldati, l’identificazione con il suo nuovo nome giapponese, il senso di vergogna che non l’abbandonerà mai. Quanto è alto il costo della sopravvivenza?
Sessant’anni più tardi, nella Singapore di oggi, la vita dell’ormai anziana Wang Di s’incrocia con quella di Kevin, un timido tredicenne determinato a scoprire la verità sulla sua famiglia dopo la sconvolgente confessione della nonna sul letto di morte. È lui l’unico testimone di quell’estremo, disperato grido d’aiuto, e forse Wang Di lo può aiutare a far luce sulle sue origini. L’incontro fra la donna e il ragazzino è l’incontro fra due solitudini, due segreti inconfessabili, due lunghissimi silenzi che insieme riescono finalmente a trovare una voce.

Con una scrittura poetica e potente, in questo romanzo d’esordio Jing-Jing Lee attinge alla sua storia familiare raccontando la memoria dolorosa e a lungo taciuta di una generazione di donne delle quali è stata per decenni negata l’esistenza: una pagina di storia che troppo a lungo è stata confinata all’oblio.

La Fazi Editore ha fornito ad un piccolo gruppetto di blogger l'occasione di leggere questo titolo in anteprima, occasione che, sin dalle prime pagine, si è trasformata in opportunità. Non è un mistero che io prediligga autori - contemporanei e non - più vicini all'Italia per posizione geografica, ma per la seconda volta, grazie ad un review party, mi sono trovata tra le mani un titolo tradotto da caratteri che non riuscirei a comprendere neanche con tutta la buona volontà che devo avere da linguista e traduttrice quale sono.
Dopo Fuga di morte di Sheng Keyi, nella mia libreria digitale è arrivata Jing-Jing Lee con una storia dal compito preciso: fare luce sulla vita di un gruppo di donne durante la Seconda Guerra Mondiale.
Vi siete ai chiesti cosa voglia dire essere nata donna nella Malesia degli anni Quaranta?

La protagonista di Jing-Jing Lee nasce con un nome emblematico: in attesa di un fratellino. Un nome che può solo vaticinare un futuro difficile, nel quale le donne sono un peso da sostenere e non una risorsa. Come si ci sbarazza dell'inconveniente di avere una figlia femmina? Un matrimonio - conveniente, se possibile. Ma la bellezza di Wang Di non attrae un buon partito, imprese nella quale fallisce addirittura la mezzana alla quale si affida la famiglia della ragazza. Il 1942 porta a Singapore l'esercito giapponese e a nulla vale nascondersi o tagliare i capelli per imbruttirsi: Wang Di diventa una donna di conforto.
Dietro all'appellativo di "comfort house" si nascondono delle vere e proprie prigioni/bordello, in cui le donne devono obbedire e soddisfare le richieste dei soldati giapponesi, remissive, silenziose e invisibili.

A distanza di sessant'anni, l'anziana Wang Di non riesce a dimenticare, tormentata da una guerra combattuta tra quattro mura, senz'armi, e non sui campi di battaglia. La guerra della donna continua ad imperversarle dentro, trascinandola in dolori ricordi che tenta di non risvegliare e che non ha mai rivelato al marito, il Vecchio - più anziano di lei di dodici anni -, neanche in punto di morte.
È l'arrio inaspettato di un ragazzino e di un carico di lettere che cercano risposta a metterla definitivamente di fronte al suo passato. La giovane Wang Di si alterna alla Wang Di del presente, e la protagonista è costretta a rivivere a voce alta un periodo fatto di abusi e a ricordare amicizie nate nella disperazione più totale, per arrivare a considerare con una maturità diversa ciò che è stata costretta a fare e a tacere per anni.

Storia della nostra scomparsa ha in sé una delicatezza, certamente dovuta alla penna della scrittrice, ma al contempo una potenza narrativa in grado di portare alla luce una Storia dimenticata e taciuta che finalmente, grazie ad una donna, può uscire allo scoperto.

Le donne come merce, le donne prive di valore se non la bellezza fisica, le donne che non sono uomini, vengono rivendicate da Jing-Jing Lee in un romanzo che deve essere letto, una lettura come imperativo categorico per soppesare e paragonare passato e presente. Una lettura da aggiungere alla lista di quelle indispensabili per parlare di donne e aprire dibattiti sulla questione di genere.


Il messaggio che vi lancio è chiaro e deciso: bisogna cambiare. Urge cambiare. E deve partire da noi, da tutti quelli che fanno "lo sforzo" di aprire un libro per aprire la mente.













martedì 10 dicembre 2019

[Review Party] Recensione: Le confessioni dei Borgia di Alyssa Palombo


Hello readers! Nuova settimana, nuova lettura e ovviamente nuova recensione!
Un doveroso grazie alla casa editrice PIEMME e alle blogger Raffaella - The Reading's Love - e Mara - Romance e altri rimedi - per aver organizzato un evento che mi ha portato ad osservare più che da vicino una delle famiglie più conosciute del Rinascimento, con:

LE CONFESSIONI DEI BORGIA
di Alyssa Palombo


Titolo: Le confessioni dei Borgia

Autore: Alyssa Palombo

Casa Editrice: Piemme

Genere: Narrativa storica

Data d'uscita: 5 novembre 2019

Trama:
Ambizione smodata, segreti inconfessabili, omicidi e amori. Nella Roma rinascimentale una sola famiglia decide il destino di un mondo.
Roma non è mai stata così seducente.

È la torrida estate romana del 1492, e la città è in piena fioritura: artisti da ogni parte d'Europa affollano le sue strade, sorgono monumenti e chiese magnificamente affrescate a rendere Roma grande come un tempo. Rodrigo Borgia è appena stato eletto papa con il nome di Alessandro VI: è la sua famiglia, di origini spagnole, a regnare incontrastata sulla città. Ma il primo dei suoi figli, Cesare, costretto a seguire il padre nella carriera ecclesiastica, cova gelosia e rancore per non aver potuto, invece, perseguire la gloria militare. Ed è pronto a cogliere qualunque occasione per rifarsi...

Maddalena Moretti viene dalle campagne romane, dove ha vissuto sulla propria pelle come i capricci dei potenti possano portare il caos nelle vite della povera gente. Adesso, però, la sua vita è cambiata: domestica a Palazzo Borgia, è più vicina che mai al cuore del potere. E al fascino di Cesare Borgia...

Tra intrighi di palazzo, ambizione smodata e segreti di cui è meglio non essere messi a parte, le vite di Maddalena e Cesare si intrecciano sempre più pericolosamente, mentre la minaccia della guerra incombe su Roma, gettando un'ombra nera sulla famiglia Borgia e sul suo dominio della città. E Cesare dovrà scegliere molto bene le sue alleanze, dentro e fuori la camera da letto, se vorrà salvare il proprio posto nella Storia.

Un romanzo di grandissima forza narrativa, che racconta vicende dal fascino immortale, facendo rivivere la Roma rinascimentale e la famiglia più potente e controversa della Storia.

Che si trattasse di Storia, Letteratura o Arte, il Rinascimento italiano è sempre stato uno degli argomenti da me più attesi tra i banchi di scuola. Una volta sostituiti questi temi con altri appartenenti alla mitologia nordica o alla storia dell'Est Europa nel Novecento, non mi è rimasto che ritornare nella Roma o nella Firenze tra Quattrocento e Cinquecento, sfogliando le pagine dei romanzi storici.

C'è stato un tempo in cui i Papi indossavano armature sopra gli abiti talari, governando lo Stato della Chiesa come veri e propri imperatori e progettando il futuro delle loro famiglie come dei padri qualsiasi. Tutt'oggi è impossibile girare per la nostra Capitale senza percepire l'impronta lasciata da queste figure, così marcata e decisa da avere un'eco che arriva fino ai nostri giorni, se non più attraverso la politica, sicuramente attraverso l'arte.
Avete mai provato, davanti al ritratto di un Papa importante o di un grande mecenate, ad osservarlo fin nei minimi dettagli per tentare di immaginarne il carattere? Tentare di cogliere attraverso i piccoli indizi lasciati dal pittore - il particolare cipiglio, lo sguardo vigile o vitreo, la forma della bocca - come potesse essere la vita di uomini e donne che, forse a loro insaputa, hanno segnato la nostra Storia.

Penso che scrivere un romanzo storico segua un po' questo processo - insieme ad un enorme lavoro di ricerca: dar vita - attraverso dialoghi in larga parte inventati, colorando fatti descritti dai libri di storia, aggiungendo particolari, mettendone a tacere altri - a personaggi realmente esistiti, portandoli nelle libreria o sui dispositivi mobile di lettori che vogliono magari saperne di più e contemporaneamente immaginare a loro volta una "loro" versione della storia.

In "Le confessioni dei Borgia", Alyssa Palombo compie questo processo in modo magistrale, illustrando in 480 pagine una doppia versione di uno stralcio di vita della famiglia Borgia: dall'alto, l'ascesa di Cesare Borgia, primogenito di Alessandro VI, nella Chiesa di Roma; dal basso, con la narrazione delle vicende famigliari dal punto di vista di una domestica, un punto di vista ambivalente perché esterno alla famiglia vera e propria, legata da vincoli di sangue, e interno grazie allo sviluppo della vicenda.

Sono proprio i due protagonisti quindi, Cesare Borgia e Maddalena Moretti, a confermare al lettore l'idea che già la Storia da di determinati personaggi - come i "capi famiglia" dei Borgia a partire da Rodrigo Borgia, uomini assetati di potere e disposti a tutto per ottenerlo - o a scagionarne, in un certo senso altri, svelando come nel caso di Lucrezia Borgia, tratti caratteriali che se ad uno storico non possono interessare, sono invece fonte di interesse per lettori voraci.

"Le confessioni dei Borgia" è un romanzo poliedrico in grado di catturare l'attenzione del lettore, di risucchiarlo all'interno delle pagine e della scrittura stessa (merito della fluida penna della Palombo) e farlo appassionare alle vicende narrate senza scadere negli eccessi: non parla troppo di politica, non si "scioglie" nella storia di tra Cesare e Maddalena, non lascia che la fantasia prenda il sopravvento su fatti realmente accaduti (e quando lo fa, la prima ad ammetterlo è la scrittrice stessa, fornendo delle valide spiegazioni).

Se vi state chiedendo dove sia finita la parte della recensione dove parlo della storia in sé, questa volta lettori vi voglio più curiosi! Vi ho parlato di uno romanzo storico in cui intrighi e giochi di potere la fanno da padroni, insieme ad una storia d'amore che vede come protagonisti una domestica e un potente signore. 
Volete altri indizi? Ancora una volta, anche in "Le confessioni dei Borgia", la figura della donna può essere doppiamente equiparata, sia a quella dell'uomo - come maschio dominante, la cui sete di potere è giustificata dal sesso, che a quella dell'evoluzione della donna stessa nella società... che le cose per noi siano cambiate, non ci sono dubbi, ma che abbiamo davanti ancora una strada lunga e tortuosa per far sì che il pensiero comune cambi, è fuori da ogni discussione.

Alyssa Palombo, con il suo romanzo storico rinascimentale, si aggiudica:



E ora sono curiosa, appassionati di storici fatevi avanti! Altri romanzi simili da consigliarmi?








lunedì 7 gennaio 2019

Recensione | [Review Party] La figlia del mercante di fiori di Kayte Nunn









Esisterà un lunedì più lunedì di questo 7 gennaio 2019? Noi siamo ritornate attivissime e voi?
Cosa potrebbe dare la carica a tutti quei lettori che il proprio anno lo iniziano davvero solo oggi?
Un Review Party of course!

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Se la scrittrice è Kayte Nunn, la storia non può che promettere bene!



Titolo: La figlia del mercante di fiori
Autrice: Kayte Nunn
Casa Editrice: Newton Compton Editori
Genere: narrativa storica/contemporanea
In uscita il: 03/01/2019
Formato: Cartaceo - Ebook
Pagine: 416
Prezzo: eBook € 2,99 Cop. rigida € 12,00

Trama:

Una storia che si divora pagina dopo pagina
Una favola romantica sospesa tra passato e presente

Cornovaglia, 1887. Alla morte del padre, famoso botanico, esperto di piante esotiche, Elizabeth decide di portarne a termine l’ultima importantissima spedizione alla ricerca di una pianta molto rara e velenosa, che tuttavia, se lavorata con estrema cautela, sarebbe in grado di curare ogni male. La attende un lungo e pericoloso viaggio in mare… 
Australia, giorni nostri. Durante i lavori di ristrutturazione nella casa della nonna venuta a mancare, Anna rinviene un cofanetto dall’aria molto antica. All’interno ci sono un diario, un taccuino pieno di disegni di piante, una foto della fine dell’Ottocento, un fiore essiccato e una manciata di semi. Anna riconosce gran parte degli esemplari disegnati, ma non sa a quale specie appartengano i semi. Prova allora a seminarli e al tempo stesso inizia a leggere il diario, che racconta l’avventura di una giovane donna in fuga. Con l’aiuto di esperti botanici cercherà di scoprire la storia rimasta chiusa così tanto tempo nella scatola, e di ripercorrere le vicende di chi ha vissuto molti anni prima di lei, ma la cui esistenza sembra essere indissolubilmente legata alla sua…
Uno straordinario viaggio nel mondo dei fiori alla ricerca di una rarissima e misteriosa pianta che può curare ma anche uccidere.











A legare Anna ed Elizabeth, le due donne protagoniste di questo romanzo, è un doppio filo rosso: la morte e la botanica. Due secoli separano le due protagoniste, ma il ritrovamento di una misteriosa scatola e del suo contenuto ancor più bizzarro, daranno modo ad Anna di entrare in contatto con un'altra donna, e di scoprire un personaggio atipico, del tutto fuori dagli schemi per il 1800.
Elizabeth non è l'angelo del focolare che la società ottocentesca si aspetta: determinata ed emancipata, una donna ostinata a tal punto da non avere timore di fuggire dalla propria casa natale per esaudire il desiderio del padre defunto - e per questo, la protagonista che ho preferito maggiormente.

Di capitolo in capitolo, in una narrazione in terza persona, passato e presente si alternano, dando vita ad un gioco di alternanze e di salti temporali che riesce costantemente ad attrarre l'attenzione del lettore.
Una sorta di viaggio narrativo quindi, arricchito da dettagli e particolari di botanica che non stancano, ma aggiungono alla storia quel tocco in più che permette di immedesimarvi completamente. 
Se "La figlia del mercante di fiori" è un libro che funziona, una storia che nonostante le quattrocento pagine, cattura in modo surreale, non è solo merito delle nozioni di botanica e di una co-protagonista fuori dagli schemi.
La prosa di Kayte Nunn è scorrevole, lo stile fluido, di una delicatezza e un'eleganza estremi, in grado di superare quegli ostacoli che potrebbero porvisi per una storia ambientata in due secoli e due luoghi completamente differenti, e di costruire un romanzo in grado di far estraniare il lettore dalla realtà che lo circonda. 

Impossibile non consigliarvi "La figlia del mercante di fiori",
una piacevolissima evasione in questo lunedì padre di tutti i lunedì!





giovedì 13 settembre 2018

Recensione [BlogTour] | Città sospesa, Madrid 1936 di Eduardo Mendoza

Hello readers! Prendete carta e penna perché il titolo che vi faremo conoscere oggi, dovrebbe entrare di diritto nelle vostre To-Read list!


La DeA Planeta e le parole di Edoardo Mendoza ci riporteranno in una Spagna degli anni '30 raccontata dal punto di vista di un critico d'arte inglese.

Titolo: Città sospesa
Autore: Eduardo Mendoza
Casa Editrice: DeA Planeta Libri
Genere: Narrativa contemporanea
Data di uscita: 28 agosto 2018
N° pagine: 472
Prezzo: 17,00€

Trama:
Nella primavera del 1936, il critico d'arte inglese Anthony Whitelands arriva in treno nella convulsa Madrid sull'orlo della Guerra civile. Lo scopo del suo viaggio è verificare l'autenticità di un presunto Velázquez appartenente a un amico di José Antonio Primo de Rivera, figlio del generale già dittatore di Spagna. Un'opera il cui immenso valore potrebbe influenzare gli scenari politici in un momento tanto drammatico e cruciale della storia del Paese. Ma, distratto, fra l'altro, da problemi personali e dai turbolenti incontri amorosi con donne di diversa estrazione sociale, Whitelands non fa troppo caso ai "nemici" - poliziotti, politici, diplomatici, spie - che, tra baruffe, disordini e cospirazioni incrociate, sempre più numerosi gli stanno alle calcagna... Le tragedie della storia e l'insostenibile leggerezza della commedia umana si mescolano in questo romanzo pessimista, ironico e ambizioso sulla nascita del fascismo, il potere dell'arte, l'amore e l'avventura.

Come accennato in apertura a questo post, "Città sospesa" è stato un vero e proprio titolo-rivelazione. Con una nota quasi comica, Eduardo Mendoza racconta un breve stralcio di vita di Anthony Whitelands, critico d'arte della borghesia inglese che vede nella proposta di un semi-sconosciuto, l'opportunità di evadere una volta per tutte dalla monotonia di una vita passiva
Nelle stanze della cultura, tutti conoscono Whitelands e i suoi saggi sulla pittura spagnola, ma è una fama effimera che non gli assicura certo un guadagno appropriato. Un lavoro ben pagato, in una delle sue città preferite, è quindi una prospettiva impossibile da lasciarsi sfuggire, nonostante la città di destinazione sia una Madrid sull'orlo di una violenta guerra civile.
Sembra proprio che arte e problemi di cuore offuschino la vista di Anthony Whitelands. L'uomo, irretito da una bellezza spagnola, non si accorge della gravità dell'incarico che gli è stato affidato. Tra spie, interrogatori e situazioni rocambolesche, il critico inglese dovrà infine compiere una scelta: cuore o fama?

La scrittura di Eduardo Mendoza è fluida e allo stesso tempo ricca di particolari in grado di trasportare il lettore nell'atmosfera carica di oscuri presagi di una Madrid che sarebbe scoppiata di lì a poco. La città sospesa diventa così cornice quasi oppressiva di una storia difficile da inquadrare in un genere in particolare. Ne emerge un quadro madrileno degli anni 30, realista a tal punto da includere chiaramente la visione politica dello scrittore.
La descrizione del personaggio di Anthony Whitelands in chiave quasi ironica se non comica, conferisce anche agli episodi più tragici e sgradevoli, un tono leggero, semi-serio, che potrebbe risultare sgradevole se si osserva la storia con razionalità. La chiave di tutto, però è proprio in questo SE. Il personaggio potrebbe risultare assurdo, se non fosse per la maestria di Mendoza nel riuscire a creare atmosfere quasi surreali, nelle quali il raziocinio viene messo alla porta dai sentimenti. La voglia di scoprirsi un uomo nuovo, un uomo dal rinnovato spirito di avventura spinge Whitelands in una città non poco pericolosa. Soppesare con razionalità i pro e i contro della missione affidatagli da Pedro Teacher, avrebbe stroncato l'intera storia sul nascere.
Al contrario del protagonista inglese, i personaggi spagnoli diventano lo specchio umano della società e della situazione politica del momento. Dietro una maschera ospitale, affabile, amichevole, tutti hanno le loro trame da tessere. 
Assolutamente da non sottovalutare sono le figlie del duca della Igualda. Lilí e Paquita sono i personaggi più moderni de "Città sospesa", due donne che non si sottomettono agli schemi di un'educazione che le vorrebbe composte e sottomesse. Intelligenza, irriverenza e sensualità divengono le loro armi per portare avanti una lotta silenziosa, in primo luogo contro una società patriarcale quantomai pressante nei primi decenni del '900.

Tra intrighi e politica, a rapire il lettore saranno anche gli accenni di storia dell'arte che di tanto in tanto interrompono il racconto. Dalle spiegazioni semplici, ma esaustive di pittori come Velázquez o Tiziano, emerge un'ulteriore pregio di Eduardo Mendoza.

"Città sospesa" dovrebbe entrare di diritto sui vostri scaffali e nei vostri e-book reader, perché è una storia che insegna LA STORIA con una voce che esce fuori dagli schemi. 
E guadagna di diritto i nostri CINQUE libri!


Well readers, questa lettura mi ha elettrizzata e, ovviamente, devo ringraziare la DeA Planeta Libri per avermi inviato questo titolo, permettendomi di recensirlo. 
Ho un unico rimpianto: non averlo letto prima in lingua originale. La traduzione di Francesca Pe' è davvero eccellente e mi ha solo fatto venir voglia di andare alla ricerca delle altre storie di Mendoza!

La nostra tappa finisce qui, ma il blog tour prosegue... so, STAY TUNED!



XOXO
Virginia


mercoledì 3 febbraio 2016

Anteprima "L'Ultimo Samurai" di David Kirk

Autore: David Kirk
Casa editrice: Newton Compton Editori
Genere: Narrativa storica
Prezzo: € 12,00
€ 4,99 eBook
Data d'uscita: 25 Febbraio 2016
Pagine: 432



Trama:
Sopravvissuto alla battaglia di Sekigahara, dove decine di migliaia di soldati sono rimasti sul campo, il giovane samurai Musashi Miyamoto, ormai solo, deve guardare in faccia il futuro. Non senza dolore decide di abbandonare la Via, si dichiara un “senza padrone” e conduce una vita ai margini. Ciò che un tempo gli sembrava degno di rispetto e onorevole ora gli appare frutto di superstizione. Ma nonostante tutto il suo nome è ancora sulla lista di coloro che hanno offeso Yoshioka, e anche se ora Miyamoto ha rinnegato la violenza, dovrà trovare il modo di difendersi e salvarsi la vita.




La serie "Musashi Miyamoto":
1. Child of Vengeance - L'onore samurai 
2. Sword of Honor - Ultimo samurai



la copertina originale





Che ne dite, lettori? Vi ispira?



Katniss.